Dora Maar, Amelia Rosselli, Carol Rama, Vivian Maier e Lisetta Carmi, prendono parola per l’ultima volta. Sono pittrici, pensatrici, fotografe, scultrici, grandi donne d’arte, incomprese e vittime di un destino a volte spietato le protagoniste di Un’ultima cosa Cinque invettive, sette donne e un funerale, lo spettacolo che domenica 21 luglio 2024 alle ore 21.15 Concita De Gregorio, porterà in scena nella suggestiva cornice naturale del Chiostro del Monastero degli Olivetani a Lecce, nell’ambito della XVIII edizione del Teatro dei Luoghi Festival Internazionale 2024. Al suo fianco, a fare da controcanto ai racconti, la voce pura e arcaica della cantautrice pugliese Erica Mou.
Il femminile e la sua potenza di fuoco. La sua bellezza, la sua forza, la sua luce: cinque donne al centro della scena prenderanno parola per un’ultima volta, parlando di sé, senza diritto di replica.
Tratto dall’omonimo testo, edito da Feltrinelli, lo spettacolo racconta la storia delle protagoniste, per poi dar loro voce facendone emergere il punto di vista e la grande forza, ma allo stesso tempo la fragilità e la sensibilità. Entreranno in scena a teatro, subito prima di uscire di scena nella vita. Come se un momento prima di sparire potessero voltarsi verso il pubblico: “Ah. Resta da dire un’ultima cosa”.
“Mi sono appassionata alle parole e alle opere di alcune figure luminose del Novecento – racconta Concita De Gregorio – donne spesso rimaste in ombra o all’ombra di qualcuno. Ho studiato il loro lessico sino a “sentire” la loro voce, quasi che le avessi di fronte e potessi parlare con loro. Ho avuto infine desiderio di rendere loro giustizia. Attraverso la scrittura, naturalmente, non conosco altro modo. A queste cinque donne è dedicata un’orazione funebre, immaginando che siano loro stesse a parlare ai propri funerali per raccontare chi sono e chi sono sempre state. Invettive, perché le parole e le intenzioni sono veementi e risarcitorie. Ho usato per comporre i testi soltanto le loro parole – parole che hanno effettivamente pronunciato o scritto in vita – e in qualche raro caso parole che altri, chi le ha amate o odiate, hanno scritto di loro”.
Scrittrice e giornalista di successo, storica direttrice de “L’Unità”, Concita De Gregorio fa breccia nell’animo umano, scava nell’interiorità femminile mostrandone la sofferenza, ma anche la tenacia. Nell’arco della propria vita, ognuna delle protagoniste ha dovuto scorgere un modo di combattere il destino, di trovare un palliativo al male del mondo o al manicomio; ha ricercato nell’arte la cura alle ferite lasciate dalle tragedie familiari, da atterraggi di fortuna o dalle attenzioni di un pittore famoso.
Queste coraggiose protagoniste hanno combattuto i pregiudizi con la poesia e con la pittura: credute folli, rinchiuse in sanatori, allontanate perché sessualmente libere, perché non schiave di una società che ne ricercava l’oppressione, hanno fatto dell’arte la loro salvezza, realizzando opere a dir poco straordinarie.
Concita De Gregorio incarna queste donne, “fonti di eresia, dunque di desiderio e di colpa”, ascoltandole, prendendole con sé e offrendo loro l’ultima parola. Perché raccontare la Storia non basta, bisogna raccontare le storie. E averne molta cura.