Sophia Loren debutta su Netflix con un film condito con tutti quei banali cliché utili a vincere l’Oscar.
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Momo è un bambino senegalese dal passato turbolento, che vive rubando e spacciando droga fra le strade di Bari. Il suo tutore, il dottor Coen, decide di affidarlo alle cure di Madame Rosa: un’anziana e rude donna dal passato di strada, che da anni accudisce a pagamento i figli delle prostitute della città. Madame Rosa è ebrea e, come i suoi coetanei, ha vissuto l’orrore dei campi di concentramento, dai quali ancora si rifugia in un angusto scantinato della palazzina in cui vive. Il rapporto tra il turbolento Momo e la rude Madame Rose si trasformerà presto in una tenera amicizia.
Periferie, immigrati, droga, prostituzione d’ogni genere e ragazzi perduti (ma non troppo), sono gli elementi di questo prevedibile melodramma d’altri tempi diretto da Edoardo Ponti. Figlio dello storico produttore Carlo e della stessa Sophia Loren, il regista realizza la seconda trasposizione del romanzo di Romain Gray, costruendo il film interamente sulle capacità attoriali della madre, già vincitrice del premio Oscar per “La Ciociara” (1960) di Vittorio De Sica. E a quest’ultimo si ispira proprio Edoardo Ponti, dal quale ruba inquadrature e ambientazioni anni ’50 importandoli nella Bari di oggi.
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I personaggi del film sono vintage nei modi e nei costumi. L’unico che cerca di distinguersi è Momo, lo stereotipo del ragazzino immigrato tutto parolacce e piccoli crimini, a cui basta poco per invertire la rotta della sua vita, senza particolari sforzi. Integrazione razziale e di genere, crimini di guerra, povertà, alzheimer… sono tanti i “buonismi” zuccherosi messi a cuocere in questo minestrone pseudo-drammatico da TV generalista. Ad ognuno di questi temi viene affidato un piccolo spazietto nel quale vengono affrontati in quel modo sbrigativo bastevole per assicurarsi la candidatura ai premi Oscar, ormai sempre più tendenti all’ipocrisia filmica. La stessa ambientazione antica-moderna del film contribuisce a diffondere ancora quello stereotipo di “italietta” anni ’50 che tanto piace agli americani.
Sophia Loren, con la sua Madame Rosé, spicca su tutto il restante cast “televisivo” che anima la pellicola. La sua espressività e la sua dirompente personalità non si sono appannate dopo 10 anni di pausa, dimostrando come l’86enne Sophia abbia ancora tanto da offrire e da insegnare, nonostante una sceneggiatura scialba, ipocrita e arronzata.
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Titolo: LA VITA DAVANTI A SE’
Con: SOPHIA LOREN, IBRAHIMA GUEYE, MASSIMILIANO ROSSI, ABRIL ZAMORA, BABAK KARIM, RENATO CARPENTIERI
Fotografia: ANGUS HUDSON – Musica: GABRIEL YARED
Scenografia: MAURIZIO SABATINI – Montaggio: JACOPO QUADRI
Prodotto da: REGINA K. SCULLY, NICOLA SERRA, LYNDA WEIMAN, CARLO DEGLI ESPOSTI
Produttore Esecutivo: GERALYN WHITE DREYFOUS, PATRIZIA MAZZA, DAVIDE NARDINI, DAVID PARADICE,
EDOARDO PONTI, GUENDALINA PONTI, ESMERALDA SWARTZ, JAMIE WOLF
Tratto dal libro di: ROMAIN GARY
Sceneggiatura: UGO CHITI, EDOARDO PONTI
Regia: EDOARDO PONTI
Distribuzione: NETFLIX
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La vita davanti a sé – Trailer
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