UN RACCONTO UMORISTICO DI GIUSEPPE GALLO
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«Mamma, ho preso un altro chilo.» mi disse brontolando.
Ogni mattina la stessa storia. Dopo essersi pesato veniva a farmi la cronaca dei suoi “progressi” sulla bilancia … come se non sapesse già la soluzione.
«Come devo fare?» mi chiese esasperato.
«Te l’ho già detto tante volte.» gli risposi a cantilena. «Devi mangiare meno fritti, meno formaggi, pochi dolci, e soprattutto, poco pane.»
«Ma già non mangio nulla. La frutta mi disgusta; la verdura mi fa schifo. Se devo privarmi di quello che mi piace allora divento anoressico!»
Lo lasciai rimuginare come al solito, aspettando pazientemente che si calmasse e cominciasse la sua solita giornata di studio.
«Devi scrivermi una dieta.» mi disse con tono deciso.
Io sospirai e risposi:
«Non hai bisogno della dieta scritta. Viviamo nella stessa casa … Devi seguire solo i miei consigli.»
«Lo faccio sempre ma non ottengo risultati. Quando ti chiedo se posso mangiare del cioccolato o un pezzo di pane in più mi dici sempre di sì.»
Effettivamente aveva ragione. Con i pazienti è naturale essere rigorosi, ma quando è tuo figlio a chiederti da mangiare, il cuore di mamma prevale su tutto.
«Ho bisogno di seguire uno schema.» ribadì con tono deciso. «Scrivimi una dieta.»
Decisi di buttarmi in questa impresa.
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Lo portai nel mio studio e lo pesai sull’impedenziometro: 86 kg.
Con tutti i casi gravi che avevo curato, quella di mio figlio era una missione assolutamente possibile: lui beve solo acqua, non fuma. Non fa esercizio fisico ma cammina molto. Aveva il metabolismo lento. Non era grosso ma solo in sovrappeso. Con un po’ d’impegno l’obiettivo sarebbe stato raggiungibile: doveva perdere solo dieci chili.
Due giorni dopo gli consegnai il plico: una dieta da 1800 kcal, severa ma piacevole da seguire. Poteva mangiare tutto quello che voleva ma in quantità ridotte.
Per mio figlio i primi giorni furono duri. La sua pancia, abituata a maggiori quantità di cibo, lo perseguitava con i sensi di fame.
La cosa che più gli pesò era rinunciare al pane: ai tempi dell’ingrasso riusciva a divorare tre rosette in pochi minuti. Per lui mangiare una mezza fetta di pane al giorno era una tortura.
Nonostante l’impegno, la prima settimana non diede risultati. Mio figlio, come al solito, si demoralizzò, e nonostante le mie rassicurazioni, cominciò a pensare di mollare tutto.
Ma pochi giorni dopo la bilancia diede un responso (per lui) inaspettato: 84 kg! Meno due al traguardo!
Mio figlio si rianimò e capì che stava percorrendo la strada giusta. A questo punto cominciò a fare i suoi calcoli: secondo lui, perdendo 1 kg a settimana, nell’arco di circa due mesi avrebbe raggiunto il suo peso ottimale.
Ma non aveva fatto i conti con il corpo umano …
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Una sera, dopo mesi di inattività, decisi di preparare una crostata alla marmellata. Mio figlio la vide a colazione; mi chiese quanto dovesse essere grande la fetta; io glielo dissi; lui la tagliò e la pesò. Il suo volto inorridì:
«Mamma, la fetta pesa 53 grammi!»
«E allora?» risposi.
«Per la colazione, la dieta prevede 30 grammi di dolce.»
«Mangia quella fetta di crostata e non fai una merenda.» gli dissi.
Lui fece i suoi calcoli:
«Allora, mangiando 53 grammi a colazione, faccio i regolari 30 grammi per una merenda e, potenzialmente, 7 grammi per l’altra …»
Lo lasciai ragionare. Badai poco alle sue manie.
Il giorno dopo entrai in cucina. Sobbalzai.
Mio figlio brandiva un coltello.
Macchie rosse e briciole erano sparse sul piano cottura, sul tavolo e sul pavimento.
«Cosa hai fatto?» gli chiesi atterrita.
«Ho pesato la fetta. Erano 60 grammi. L’ho tagliata più volte finché la bilancia non ha segnato i 30!»
«Potevi mangiarlo! Poi facevi una sola merenda!» risposi.
«Non posso fare più le merende. Ieri ho preso mezzo chilo!»
Gli risposi che era naturale, poiché ci voleva del tempo prima che il metabolismo si stabilizzasse
Poi gli ordinai di pulire tutto e di preparare la valigia. Il giorno dopo sarebbe partito in vacanza con gli amici.
Da quando aveva cominciato la dieta, mio figlio temeva di andare in vacanza. Aveva paura di prendere ciò che aveva perso.
«Non preoccuparti.» gli dissi. «Segui la dieta, e anche se mangerai un po’ di più ricordati che camminerai molto, quindi tornerai con lo stesso peso di oggi o addirittura con un chilo in meno.»
Mio figlio annuì. Cercò di portarsi in viaggio la bilancia da cucina, ma io lo dissuasi.
Il giorno dopo mi salutò. Sullo smartphone aveva installato il Contapassi per monitorare le calorie consumate.
“Finalmente posso respirare!”, pensai. Ma la tecnologia, a volte, può diventare una piaga.
Per tutta la settimana mi chiamò ogni due ore, chiedendomi cosa potesse mangiare o dicendomi cosa avesse mangiato, quanto aveva camminato e quante calorie aveva consumato. Mi mandava le foto del cibo per farmi verificare le quantità che doveva mangiare.
Io lo rassicuravo, dicendo che aveva seguito tutte le mie regole e che doveva pensare solo a divertirsi.
Tornato dalla vacanza, corse subito sulla bilancia. Si pesò: 86 kg! Aveva recuperato tutti i chili persi!
Da quel giorno, niente fu più come prima …
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Mio figlio divenne petulante. Mi seguiva come un ombra.
Tornavo da lavoro e mi aggrediva:
«Mamma, oggi ho mangiato: a colazione 27 grammi di biscotti; alla prima merenda 30 grammi di taralli; a pranzo la pasta al sugo, la scaloppina, la banana e 21 grammi di snack che valgono come seconda merenda. Se adesso prendo un pezzo di pane ingrasso?»
Il sabato sera mi chiamava:
«Mamma, al ristorante ho ordinato una pizza margherita. Va bene o è troppo?»
«Ti ho scritto la dieta! Lo sai cosa puoi mangiare!» gli rispondevo continuamente. Ma le sue orecchie sembravano tappate.
«Mamma, ho assaggiato tre scaglie di formaggio!»
«Mamma, ho mangiato due fave fritte da 0.10 grammi l’uno!»
«Mamma, oggi ho fatto tredicimila-settecento passi, equivalenti a 6850 kcal. La dieta prevede 1800 kcal giornaliere, quindi domani dimagrisco? »
Era sempre agitato. Ogni volta che passava davanti a uno specchio si tamburellava la pancia e si tastava i fianchi per “misurare” la quantità di grasso.
La bilancia da cucina era diventata il suo animale domestico, pronta a misurare qualunque briciola che il suo “padroncino” volesse ingoiare.
Tuttavia, nonostante gli ostacoli, mio figlio infranse la barriera degli 80, scendendo a 79 kg.
Finalmente arrivò la tranquillità. Eravamo a soli tre chili dalla meta … ma anche a pochi giorni dalle Feste!
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Per due settimane, tra Natale, Capodanno, tombolate ed Epifania, le calorie aumentarono, le passeggiate diminuirono e l’ago della bilancia cominciò a traballare.
«Mamma, ho preso mezzo chilo!»
«Mamma ho perso un chilo!»
«Mamma, oggi ho fatto duemila-seicento passi! Ho consumato solo 1300 kcal! Quindi domani ingrasso?»
Mio figlio tornò ansioso ed inquieto, e il momento più magico dell’anno divenne una maledizione!
Avevo creato un mostro!
Ogni giorno pensavo di aver sbagliato. Non avevo mai avuto un paziente petulante come mio figlio.
La sua paranoia mi aveva contagiato e mi tormentava anche durante il sonno!
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Una notte, ad esempio, sognai di trovarmi in un auto con le ruote a forma di crostata. Scesi dalla macchina e percorsi una rampa di scale fatta di bilance da cucina; ad ogni scalino che salivo il mio peso aumentava. Improvvisamente arrivai davanti a una porta a forma di smartphone, che mi indicava il numero di passi fatti. Girai la maniglia a forma di baguette ed entrai in una stanza con il pavimento di cioccolata, le pareti di formaggio e il soffitto di patatine fritte. Davanti a me c’era uno specchio con la cornice in crosta di pizza. Nello specchio vidi riflesso mio figlio, che mi invitò a salire su una bilancia. L’ago segnava 180 kg. Impallidii!
«SEI GRASSA!» tuonò il riflesso di mio figlio con una voce da demone. «DEVI FARE LA DIETA!».
Improvvisamente il soffitto di patatine mi crollò addosso.
Mi svegliai sudando nel mio letto e capii che mi trovavo in un altro incubo … stavolta reale … e non vedevo l’ora che finisse.
Per fortuna le Feste passarono. Il metabolismo di mio figlio era cambiato e il chilo preso fu smaltito velocemente.
Alla fine, il 15 marzo, giorno del suo compleanno, ebbi finalmente il mio regalo: 76 kg!
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La dieta era finita!
Era tornata la pace e mio figlio, finalmente, era diventato più sicuro di sé.
Per festeggiare il compleanno e la fine della dieta, decise di andare per la prima volta al ristorante giapponese per provare il menù “All You Can Eat”.
La ricca cena di compleanno gli regalò anche due chili in più. Ma questo, per fortuna, non fu un dramma.
Mio figlio pensava di recuperare velocemente … ma questo non avvenne.
I chili continuarono ad aumentare, e in soli trenta giorni, prese tutto quello che aveva perso in otto mesi.
Di dieta non ne parlò più. Sembrava accettarsi così com’è.
Io non ero molto d’accordo ma preferivo non intromettermi.
Un giorno mio figlio mi raggiunse in cucina; mi abbracciò; mi sorrise e mi disse:
«Mamma, mi scrivi una dieta?»
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