Le Trivelle in Adriatico a Ravenna

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Approdando a Ravenna, l’argomento “trivelle nell’Adriatico” è d’uopo. Qui sono di casa. Danno lavoro a centinaia e centinaia di persone, provenienti da ogni dove, in aziende che sono un’eccellenza nel mondo, ad alto valore tecnologico e alta sostenibilità ambientale che portano ricchezza al territorio.  Le correnti sono alternate. Ad ogni più piccola scossa di terremoto, zona comunque sismica come gran parte del territorio italiano,  a Ravenna “la colpa è senz’altro delle trivelle”. Anche se i terremoti qui c’erano già da molto tempo prima di loro.  

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Alcuni lavoratori del settore, che ho incontrato, non comprendono l’avversità. Per loro le trivelle non c’entrano  visto che raggiungono una profondità assai inferiore a quella degli epicentri sismici.  Tra l’altro  la quantità enorme di energia  prodotta da  un evento sismico, non è pensabile possa essere scatenata  dall’attività delle trivelle.

Greenpeace continua con la sua battaglia. Nel 2014 occupò pacificamente una delle tante piattaforme per l’estrazione di idrocarburi  nel Canale di Sicilia con la  nave simbolo Rainbow Warrior con l’obiettivo preciso di difendere i fondali del nostro mare. Nell’aprile 2016, circa 16 milioni di italiani furono invitati a votare per il referendum sulle “trivelle”, anche se in realtà si andava a decidere sul rinnovo delle concessioni già in atto degli impianti di perforazione.  Referendum non andato a buon fine vista la mancanza del raggiungimento del quorum.

Le trivelle sono là, nel mare aperto a due passi da Ravenna, maestose, imponenti, spaventose, misteriose. Ma a cosa servono?  Semplicemente, e si fa per dire, a risucchiare gli idrocarburi, soprattutto  il metano, presenti nei fondali marini.  Circa un quinto della produzione mondiale del petrolio viene dal mare. Per farlo vengono usate piattaforme di trivellazioni offshore,  in mare aperto. Nel mondo superano le millecinquecento.

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In Italia sono presenti 886 pozzi produttivi , 701 producono gas e 185 petrolio. L’Emilia-Romagna ha il maggior numero di permessi e concessioni, 35 gli uni e 36 le altre. Sorge spontaneo un pensiero alla flora marina guardando queste torri a traliccio che raggiungono fino a  60 metri e che mettono veramente a disagio guardandole.

Le piattaforme, viste di notte fanno quasi paura, come se un mostro marino si mostrasse in mare aperto, misterioso e minaccioso. La legge italiana è molto rigida sull’argomento e noi siamo diventati un’eccellenza mondiale di cui  possiamo essere molto fieri.

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A Ravenna, il 21 febbraio 2020 è stato dichiarato lo stato di agitazione nel settore Oil & Gas.  “Il rinvio dei tempi della definizione del Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree idonne (PITESAI) – spiegano i sindacati – con la decisione di prorogare il periodo di moratoria sulla effettuazione di nuove trivellazioni nelle acque nazionali entro le 12 miglia, inevitabilmente creerà una situazione drammatica riguardo i livelli occupazionali  e sul reddito di intere famiglie causa le inevitabili chiusure aziendali. L’intero comparto sta collassando. Non possiamo accettare senza che vi sia un confronto su una seria politica energetica che permetta di cominciare quel percorso di transizione che ci porti verso un futuro sostenibile non solo a parole. Per tali motivi Filctem Femca Uiltec, “a sostegno della richiesta di incontro urgente fatta all’Onorevole Stefano Patuanelli, Ministro dello Sviluppo Economico dai Segretari Generali Nazionali di Filctem Femca Uiltec, dichiarano lo stato di agitazione di tutto il comparto e si riservano di metter in campo tutte le azioni necessarie fino a tale convocazione”.

Il pensiero va alle famiglie che, se le aziende del settore chiudessero, si troverebbero in poco tempo in una difficoltà economica da cui non ci si potrà rialzare facilmente in un’Italia povera di lavoro.

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