Nel gran canyon della provincia di Taranto, Mottola vanta le sue chiese rupestri

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Le gravine pugliesi sono dei profondissimi canyon risalenti al periodo tra il Pliocene ed il Pleistocene. Sono quelle aree della Puglia invase dal mare che emersero in seguito alla regressione marina; queste rocce, tenere e porose, vennero erose degli agenti atmosferici e delle acque meteoriche, subendo delle fratture e spaccature.

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Si generarono fantastici canyon chiamati “gravine” ,nelle zone più profonde, oppure “lame” nelle zone meno profonde. Le gravine sono dei fiumi fossili che si snodano lungo tutto l’arco ionico. Nella provincia di Taranto se ne contano circa sessanta; sette sono ubicati nel territorio di Mottola e si chiamano: Petruscio, San Marco, Capo di Gavito, Corneto, Casalrotto, Forcella, San Biagio.

In questi canyon della Murgia Tarantina l’uomo preistorico sfruttò le grotte naturali per uso abitativo e domestico, anche perchè era un territorio ricco di corsi d’acqua. In questi ambienti naturali spettacolari , oltre alle abitazioni e ai numerosi reperti archeologici ritrovati, sono state individuate, proprio nelle gravine di Mottola, delle meravigliose e affrescate chiese rupestri. 

Le grotte non ospitarono solamente l’uomo preistorico, numerose testimonianze archeologiche risalgono alla vita in grotta durante la prima colonizzazione bizantina, la dominazione longobarda, l’occupazione araba di Taranto, la riconquista bizantina, il dominio normanno, l’impero svevo e i reami angioino e aragonese. Infatti, le popolazioni meridionali ricorrevano alla “vita in grotta” per svariate necessità, anche se la più importante era la necessità di difendersi dalla continua minaccia delle incursioni barbariche provenienti dal mare. Un altro motivo che ha favorito la vita in grotta è stata la loro temperatura sempre costante, fresca in estate e calda in inverno.

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Durante il Medioevo i monaci basiliani e anacoreti bizantini si insediarono nelle gravine ioniche pugliesi. La Puglia era un anello di congiunzione, culturale e religioso, tra Occidente e Oriente cristiano, greco o latino. Nel periodo delle persecuzioni religiose dell’VIII-IX secolo, i monaci emigrarono in Italia meridionale e anche in Puglia,  dando vita a comunità monastiche di rito greco proprio negli insediamenti rupestri. Quindi, le grotte non sono state solo dei rifugi ma anche insediamenti umani altamente organizzati dal punto di vista economico, sociale e religioso . 

A Mottola, all’interno della stessa gravina coesistono più insediamenti, i casali rupestri sono fitti agglomerati di grotte disposte su vari livelli, collegate da scale esterne. Le chiese sono poste alla periferia dell’abitato, intorno alle chiese rupestri c’è anche un’area cimiteriale con tombe scavate nella roccia. Tra le chiese rupestri di Mottola, se ne contano trenta, ve ne sono alcune con un corredo architettonico e pittorico fantastico. L’itinerario delle chiese rupestri è circolare, un cerchio intorno a Mottola, e si possono visitare le Chiese di: San Nicola (con affreschi bizantini che raffigurano San Nicola), San Gregorio (dove, tra gli altri, spicca l’affresco del “Pantocrator”), Santa Margherita, Sant’Angelo. 

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Già abitato in epoca preistorica e fino al medioevo, la fantastica lama di Petruscio contiene numerose grotte collegate tra di loro da sentieri e rampe di scale; inoltre sono presenti tre chiese: la “Cattedrale”, la chiesa detta “dei Polacchi” (in riferimento al fatto che alcuni soldati di nazionalità polacca vi trovarono rifugio nel periodo bellico) e un’ultima senza nome.

Insomma, in provincia di Taranto, la cittadina di Mottola è una meta turistica eccezionale adatta per arricchire il bagaglio culturale, storico, archeologico e architettonico ma anche importante per fare una bellissima passeggiata all’aria aperta, in mezzo al verde.

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Angela Astone

Angela Astone

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