Una intervista esclusiva ai parenti e ai compaesani di Erasmo Iacovone, il prodigioso calciatore molisano che fece sognare i tifosi rossoblù durante la sua militanza nella squadra del Taranto dal 1976 al 1978. AnyName News è andata in trasferta a Capracotta, suo paese natale, per conoscere l’infanzia di Erasmo Iacovone (1952-1978).
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Per chi non lo conoscesse, Capracotta è un piccolo paese in provincia di Isernia, in Molise, posto a 1421 metri sopra il livello del mare, su una delle vette più alte dell’appennino sannita, non molto distante dal confine con l’Abruzzo. Definita “la piccola Cortina degli Abruzzi” nel film “Il Conte Max” (1957), Capracotta, assieme a Campitello Matese, è una delle stazioni sciistiche più note del Molise.
Capracotta, quindi, è una cittadina molto legata allo Sport, non solo sciistico ma anche calcistico. E proprio in questo paese, infatti, che il 22 aprile 1952 nacque Erasmo Iacovone. Un vero talento del pallone che, nella sua breve ma intensa carriera, seppe regalare gioie ai tifosi e alle squadre in cui ha militato.
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Quella per il calcio era una passione che Erasmo coltivava sin dalla più tenere infanzia nel paese di Capracotta: «Bastava che trovasse un barattolo, un sasso. Sfasciava scarpe. Non vi dico quante scarpe comprava mia madre.» dice ai nostri microfoni il fratello di Erasmo, Giacomo Iacovone, che insieme al nipote Giuseppe ci hanno concesso l’intervista davanti alla casa natale del grande calciatore, del quale ci hanno raccontato la storia. «Erasmo è entrato nella squadra locale dell’Albula, che sarebbe Tivoli Terme, in parole povere…» continua orgoglioso Giacomo. «Io sono stato un po’ il fautore perché lo accompagnavo sempre a fare le partite. E’ entrato nei pulcini, ma poi lo hanno subito messo in prima squadra, che all’epoca si trovava in seconda categoria. Dopo un anno fu chiamato all’OMI Roma che era il vivaio della Roma e, dopo un anno, è passato alla Triestina che giocava in serie A. Mio fratello teneva 16 anni. Poi dalla Triestina è passato al Mantova, dove ha giocato insieme a Boninsegna e Zoff. Poi è passato al Carpi e, successivamente, fu richiesto dal Taranto. Il presidente del Taranto Fico conosceva molto bene Seghedoni, l’allenatore del Modena, che gli disse: “Prendilo, che fai un affare!”, nel vero senso della parola. E così è stato. Io mi ricordo che Fico, a quel tempo, pagò mio fratello 80 milioni. Già a novembre c’erano l’Inter e la Fiorentina che avevano messo un opzione. Giustamente si è sparsa la voce e a Taranto ci fu un po’ di confusione perché stava per andare in serie A e nessuno voleva che andasse via. Così Fico fece un passò indietro, tenendolo fino a giugno, fino alla fine del campionato, e poi sarebbe andato all’Inter o alla Fiorentina, anche se altre squadre di serie A gli giravano intorno.»
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Una giovane promessa destinata a una grande carriera, stroncata purtroppo la sera del 6 febbraio 1978, a San Giorgio Jonico, a pochi km da Taranto. Giacomo ricorda con dolore quel momento: «Purtroppo quella sera fu fatale. La colpa è stata di quel delinquente, inseguito dalla polizia, che correva a fari spenti. La moglie di Erasmo era incinta ed era tornata a Carpi, dove era nata. Lui la domenica successiva sarebbe andato a giocare a Rimini e così sarebbero scesi a Taranto insieme. Era la sera di carnevale e siccome era solo non era andato a cena con i compagni di squadra, ma loro lo avevano invitato a raggiungerli per stare un po’ insieme. La sua alfetta aveva poca benzina e così aveva preso l’auto di sua moglie, la Dyane. E’ andato al locale insieme ai compagni e poco dopo la mezzanotte aveva deciso di tornare a casa. Uscendo dalla strada secondaria che immetteva sulla San Giorgio Jonico – Taranto, non avendo visto fari delle macchine si è immesso sulla strada, ma questo delinquente, a fari spenti, gli è piombato addosso».
«Era innamorato di Taranto e dei tarantini, e questo era un sentimento reciproco.» dicono Giacomo e Giuseppe sul rapporto tra Erasmo Iacovone e la città dei due mari, che ci parlano ancora della sua infanzia a Capracotta. «A parte le piccole scaramucce tra ragazzi, quando si giocava in mezzo alla strada, in un giorno giocarono 10 partite fra i rioni del paese».
Una stima smisurata non solo da parte dei tarantini, ma anche da parte dei suoi compaesani, che gli hanno intitolato il campo sportivo e, nel 2018, a quarant’anni dalla sua scomparsa, lo hanno commemorato con una targa posta sulla facciata della sua casa natale.
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Anche gli abitanti di Capracotta, suoi amici e coevi, conservano interessanti aneddoti sulla sua vita in paese e non solo. Fra questi c’è il signor Filippo che ricorda Erasmo così: «Ha cominciato a giocare a pallone a 6-7 anni . Lui è sempre stato un campioncino prima e un grande campione dopo, ma è stato sempre un campione perché anche da piccolo era superiore a tutti. Quando giocava qui a Capracotta si notava che aveva già la stoffa del campione. Col Capracotta faceva tanti gol… e sempre di testa! … Anche di piede ma di testa ne faceva davvero tanti. Quando divenne famoso, tutta Capracotta seguiva il Taranto perché c’era Erasmo. Quando l’estate veniva a Capracotta, perché c’erano anche i genitori che si spostavano da Tivoli per venire qui, era una festa per tutti».
Il signor Filippo ricorda anche un divertente aneddoto avvenuto durante il periodo nel quale Erasmo Iacovone giocava nel Carpi: «C’era un mio amico che era il presidente della squadra del Capracotta e una volta andò a trovare Erasmo a Carpi. E lui per fare una battuta disse ai dirigenti del Carpi che il presidente del Capracotta lo voleva comprare e loro, che non avevano capito lo scherzo, cercavano di opporsi preoccupati».
Con 187 presenze e 55 gol, in una carriera di appena 8 anni, Erasmo Iacovone (detto “Iaco gol”) è stato un esempio di amore per lo sport e anche una guida morale per i giovani del suo tempo. I suoi spettacolari gol di testa sono stati un esempio per i suoi successori e anche Cristiano Militello, giornalista di “Striscia la Notizia”, ha rivisto nel gol di Ronaldo alla Sampdoria proprio l’influenza del calciatore molisano.
Per il calcio tarantino, grazie a 47 presenze e 16 gol, Erasmo Iacovone, con il suo numero 9 sulla maglia rossoblù, è stato il simbolo di un sogno a quel tempo raggiungibile ma che non si è potuto avverare: la serie A. Una promessa spezzata dal destino che ancora vive e pulsa nel cuore dei suoi tifosi che, dopo avergli intitolato lo stadio lo hanno commemorato con una via, a eterna memoria di un campione sempre vivo.
N.D.R. Ringraziamo la famiglia Iacovone per averci gentilmente concesso alcune foto utilizzate nell’articolo.
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