Pubblicati su Nature Communications i risultati dello studio coordinato dall’Università di Firenze, in collaborazione con i ricercatori del Dipartimento della Protezione civile, delle Università di Palermo, di Pisa e di Torino e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Napoli
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Monitorando la deformazione del suolo dei vulcani è possibile capire in anticipo quando arriverà una violenta eruzione. Lo ha verificato sul vulcano Stromboli il team di ricercatori coordinati da Maurizio Ripepe, ricercatore dell’Università di Firenze, che ha sviluppato un sistema di allerta automatico in tempo reale. All’indagine, i cui risultati sono pubblicati sull’ultimo numero della rivista Nature communications, hanno collaborato i ricercatori del Dipartimento della Protezione civile, delle Università di Palermo, di Pisa e di Torino, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) di Napoli e dell’Università di Tohoku in Giappone.
“Le eruzioni vulcaniche esplosive sono fenomeni violenti e improvvisi, la cui dinamica è talmente rapida da sfuggire al controllo della maggior parte delle reti di monitoraggio – racconta Ripepe, responsabile del Laboratorio di geofisica sperimentale Unifi –. Tali eruzioni rappresentano un grave pericolo, soprattutto quando le aree circostanti al vulcano sono densamente abitate oppure costituiscono un’attrazione turistica. Come succede a Stromboli, dove migliaia di visitatori sono richiamati dalle deboli ma spettacolari esplosioni che si verificano ogni giorno. Questa moderata attività esplosiva – prosegue il ricercatore – può essere interrotta da eventi parossistici, come quelli che hanno devastato l’isola a luglio e ad agosto 2019, generando colonne eruttive di diversi chilometri di altezza, incendi e piccole onde di tsunami e ricoprendo di cenere e lapilli i centri abitati dell’isola”.
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Proprio sull’isola delle Eolie i ricercatori hanno raccolto negli ultimi 15 anni migliaia di dati, utilizzando sensori clinometrici – che misurano cioè l’inclinazione del suolo – molto sensibili. Questi sensori permettono di stabilire come le esplosioni parossistiche siano precedute da una debole ma chiara deformazione del suolo (dell’ordine di un milionesimo di grado), fenomeno che si è ripetuto in maniera identica per ogni singolo episodio, dal più debole al più violento.
“L’intero edificio vulcano – spiega Ripepe – inizia a ‘gonfiarsi’ quasi 10 minuti prima dell’esplosione parossistica per effetto della espansione dei gas durante il processo di risalita del magma nel condotto di alimentazione”.
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I segnali rilevati dai ricercatori con la loro rete multi-parametrica sono cruciali non solo per dare allerta per gli eventi esplosivi ma anche per quelli che si verificano in un lasso di tempo successivo, come i maremoti, che possono avere effetti altrettanto devastanti.
“Il sistema di allertamento automatico per le eruzioni parossistiche a Stromboli – spiegano dal Dipartimento della Protezione Civile – è operativo in via sperimentale dall’ottobre 2019 e rappresenta il primo sistema automatico di allertamento al mondo per le eruzioni vulcaniche esplosive”.
Il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino collabora da numerosi anni al monitoraggio geochimico e satellitare di Stromboli e contribuisce allo sviluppo di nuove tecniche di allerta in grado di segnalare repentinamente i cambiamenti di attività di questo vulcano unico nel suo genere
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