I ritmi del cervello per la sincronizzazione sensori-motoria: l’azione batte il tempo della percezione

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Pubblicato su Current Biology uno studio condotto da ricercatori di Università di Pisa e IRCSS Fondazione Stella Maris

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Esiste un meccanismo che coordina l’attività delle aree motorie con quelle sensoriali e, secondo una recente ricerca, è predittivo delle nostre azioni. Lo ha dimostrato uno studio guidato dall’Università di Pisa pubblicato nella rivista scientifica Current Biology, dal titolo “Predictive visuo-motor communication through neural oscillations”, che è frutto di una ricerca finanziata da progetti ERC della comunità europea e guidata dalla professoressa Maria Concetta Morrone, lincea, che ha coinvolto Alessandro BenedettoPaola Binda del dipartimento di Ricerca Traslazionale dell’Università di Pisa, oltre che Mauro Costagli e Michela Tosetti dell’IRCSS Fondazione Stella Maris.

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Lo studio ha dimostrato che una semplice azione è in grado di sincronizzare i ritmi della visione: se si chiede a un osservatore di compiere un semplice gesto motorio – come premere un pulsante – e si misura la sua abilità nell’identificare correttamente un semplice oggetto visivo presentato a diversi intervalli temporali dalla pressione del pulsante, si vedrà che questa oscilla nel tempo (a frequenze sostenute intorno i 5 Hz) alternando momenti di minima accuratezza, in cui non si riesce a identificare l’oggetto, a momenti in massima accuratezza in cui il compito è eseguito benissimo. “La sincronia è la chiave della coordinazione sensori-motoria” esordisce Alessandro Benedetto, primo autore del lavoro, «Come James Gibson per primo propose negli anni ’50 quando suggerì che l’uomo non solo percepisce per agire, ma agisce per percepire. In linea con questo principio, il nostro studio dimostra l’esistenza di una comunicazione continua tra azione e percezione, che garantisce un’efficace interazione con il mondo»

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I ricercatori hanno poi studiato come il cervello possa implementare questa sincronizzazione. Hanno quindi chiesto ad alcuni volontari di ripetere questo semplice esperimento all’interno di una risonanza magnetica funzionale a campo ultra alto, permettendo l’acquisizione di immagini funzionali del cervello ad altissima risoluzione spaziale e consentendo di osservare con elevata sensibilità le dinamiche della visione durante l’esecuzione del compito visuo-motorio.

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«Questo studio ha dimostrato il legame tra sincronizzazione dei ritmi cerebrali e coordinazione sensorimotoria nell’uomo usando metodiche non invasive per lo studio della fisiologia e della psicofisiologia – aggiunge Paola Binda – Per la prima volta abbiamo mostrato che la sincronia si estende tra la corteccia motoria (la regione del cervello che invia comandi ai nostri muscoli) e l’area visiva primaria, ossia il primo centro corticale di elaborazione delle informazioni visive». In altri termini, è stato dimostrato per la prima volta che questa sincronizzazione visuo-motoria si instaura sin dagli stadi più precoci dell’elaborazione visiva, modulando in maniera ritmica (e ricalcando perfettamente i ritmi della nostra percezione) l’attività della corteccia visiva primaria, ossia il primo centro corticale di elaborazione delle informazioni visive. Lo stesso ritmo modula anche le connessioni funzionali e quindi lo scambio di informazioni tra corteccia visiva e corteccia motoria.

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Questo lavoro è stato reso possibile grazie alla proficua collaborazione tra l’Università di Pisa e il centro IMAGO 7, la struttura che ospita l’unica risonanza a campo ultra alto (7 Tesla) in Italia e uno dei pochi in Europa. «L’osservazione di questa sincronia è stata possibile grazie all’uso di una potente risonanza magnetica funzionale – commentano Mauro Costagli e Michela Tosetti dall’IRSS Stella Maris – che ci ha permesso di ottenere immagini dell’attività cerebrale e seguire con elevata sensibilità le sue oscillazioni nel tempo».

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La portata di questa scoperta si estende anche oltre il campo della neurofisiologia o dello studio dei sistemi sensoriali, andando a corroborare l’ipotesi secondo cui la nostra mente (e quindi il nostro cervello) sia una “macchina predittiva”: le nostre azioni hanno tutte conseguenze più o meno prevedibili che – in modo automatico – il cervello sfrutta per modellare la nostra percezione. Queste implicite predizioni – che la ricerca in oggetto ha suggerito emergere anche secondi prima rispetto al tempo di esecuzione dell’azione e innestarsi su precisi ritmi neuronali – possono giocare un ruolo chiave non solo nel rendere stabile e coerente la nostra percezione nel tempo, ma anche nel definire il senso di consapevolezza delle proprie azioni. In altri termini, queste continue predizioni sensorimotorie possono rappresentare un aspetto fondante della nostra stessa autocoscienza, intesa come auto-riconoscimento dell’efficacia delle nostre azioni nell’ambiente esterno. “Il risultato forse più sorprendente che abbiamo ottenuto è la dimostrazione dell’alta precisione temporale del coordinamento fra le cortecce visive e quelle motorie, che si instaura ben prima dell’inizio dell’azione e quindi è predittiva” aggiunge la professoressa Maria Concetta Morrone.  

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Lo studio appena pubblicato su Current Biology rientra in un più ampio programma di ricerca volto a comprendere come la percezione non sia la passiva registrazione dei segnali provenienti dall’ambiente, ma costituisca un processo attivo di generazione delle informazioni, e come tale abbia importanti variazioni tra individui, anche in relazione a tratti di personalità e stati psicofisici. Diversi aspetti di questo programma sono finanziati da due importanti progetti dello European Research Council, PUPILTRAITS (ERC-Starting con base all’Università di Pisa) e GENPERCEPT (ERC-Advanced, dell’Università di Firenze).

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