Si sono trovati nel posto giusto al momento giusto, catturando le trasformazioni del cuore di una galassia lontana. Sono gli allievi del corso di “Complementi di astronomia” dell’Università di Firenze che, grazie alle osservazioni effettuate presso il Telescopio Nazionale Galileo (TNG, che si trova a La Palma, nelle Canarie), sono riusciti a raccogliere i dati di un evento raramente documentato, l’evoluzione dell’attività del nucleo di una galassia a 300 milioni di anni luce dalla Terra.
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E così, grazie a questa particolare esperienza didattica, gli studenti sono diventati autori di un articolo che si è guadagnato la pubblicazione su una prestigiosa rivista scientifica, Astronomy & Astrophysics.
“Nel nucleo di ogni galassia si trova il suo motore, un buco nero. Mentre il nucleo emette una radiazione potentissima, un buco nero è osservabile solo indirettamente poiché nulla può sfuggirgli, nemmeno la luce – spiega Giulia Tozzi, prima firmataria dell’articolo, che da studentessa è diventata poi dottoranda Unifi –. È raro, quindi, riuscire a documentare come cambia l’attività dei nuclei: lo si può fare solo indirettamente osservando con la spettroscopia la radiazione visibile emessa dalla materia che viene risucchiata dalle regioni circostanti ai buchi neri, trascurabile quando il centro della galassia è in quiescenza, di enorme portata quando esso è attivo”.
È quello che hanno fatto gli studenti e le studentesse fiorentine che nel 2019 hanno svolto un’esperienza di studio presso il TNG, sotto la guida dei docenti Unifi Lapo Casetti, Elisabeta Lusso e Marco Romoli.
Compiendo le osservazioni su un caso di studio, una galassia di cui era già noto il nucleo attivo, il team ha raccolto anche una serie di dati relativi a una sua “vicina” meno appariscente, la galassia a spirale NGC4156, che si trova nella costellazione dei Cani da caccia, registrando così la presenza delle righe larghe dell’idrogeno e la crescita della luminosità nella parte blu dello spettro, due firme inequivocabili dell’attività del nucleo della galassia.
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“La nostra scoperta è arrivata in modo del tutto inatteso – racconta Lapo Casetti –, perché non solo abbiamo registrato nello spettro visibile le tracce, fino ad allora mai documentate, dell’attività del nucleo ma tre anni dopo, nella primavera di quest’anno, abbiamo anche registrato una forte riduzione della luminosità della parte blu dello spettro, indice di un ritorno a una fase di quiescenza di un nucleo precedentemente attivo”.
“In quell’occasione, inoltre – aggiunge Marco Romoli -, gli studenti sono riusciti a dare alla comunità astronomica un altro dato mancante, la misurazione della massa del buco nero della galassia, che è risultata pari a circa otto milioni di masse solari, il doppio di quella del buco nero presente al centro della nostra”.
“L’importanza del nostro risultato, per di più raggiunto grazie al coinvolgimento di studenti e studentesse – conclude Elisabeta Lusso -, sta nell’aver fornito alla comunità scientifica dati che daranno un contributo alla comprensione dei meccanismi fisici alla base di questi eventi astronomici, ancora tutti da chiarire”.
Le attività di osservazione degli studenti sono state possibili grazie al supporto economico del Dipartimento di Fisica e Astronomia Unifi e dell’INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri, quest’ultimo frutto di una donazione che ha permesso, fra l’altro, di istituire il premio “Stefano Magini”, destinato alla migliore tesi di laurea magistrale in Astrofisica conseguita in un’università italiana e vinto nell’edizione 2020 da Giulia Tozzi.
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