Sabato 29 e domenica 30 luglio alle ore 21.15 grande attesa per il DEBUTTO NAZIONALE di Simona, the gangster of art, il nuovo spettacolo di Jan Fabre che vede in scena Irene Urciuoli. Artista visivo, coreografo, regista teatrale e scenografo belga, Fabre è considerato una delle figure più innovative del panorama artistico internazionale
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Un’occasione davvero unica per conoscere da vicino il lavoro di un artista controverso, noto per la particolarità delle sue produzioni, ma anche per il turbamento che queste suscitano negli spettatori. Oltre a rituali millenari e questioni filosofiche, Fabre affronta nei suoi spettacoli anche temi come la violenza, la lussuria, la bellezza e l’erotismo. Il corpo in tutte le sue forme è stato oggetto delle sue indagini fin dai primi anni Ottanta.
Per Fabre, il teatro è una forma d’arte onnicomprensiva in cui il dialogo funziona insieme ad altri elementi come la danza, la musica, l’opera, la performance e l’improvvisazione: a tal proposito ha dato un taglio netto alle convenzioni del teatro contemporaneo introducendo il concetto di “performance in tempo reale” – a volte chiamata “installazione vivente” – ed esplorando possibilità coreografiche radicali come mezzo per resuscitare la danza classica.
Caos e disciplina, ripetizione e follia, metamorfosi e anonimato sono gli ingredienti indispensabili nel teatro di Fabre. L’acutezza e il riserbo con cui utilizza il linguaggio richiedono soluzioni innovative che sono apparse anche ad altri registi che hanno lavorato con i suoi testi.
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Simona, the gangster of art ha come protagonista una “gangster”, in missione per ripristinare uno dei più essenziali doveri dell’umanità: lottare per il potere della bellezza. Ruba il dipinto ‘L’urlo’ di Edvard Munch e lo consuma, digerendolo, in piccoli pezzi, morso dopo morso. Con diversi falsi del dipinto, continua a comprare ogni possibile fornitura di cocaina nel mondo. Con quella polvere bianca, costruisce la sua opera d’arte, una colonna cristallina bianca, attraverso il tetto del teatro, per diventare “uno stilita, un santo su una colonna, urlando il ritrovato grido di delicatezza.”
In questo modo afferma: “Il mio modesto contributo è rompere con il nostro egoismo economico criminale. Farò in modo che il potenziale di investimento dell’arte venga lentamente ma inesorabilmente distrutto in modo che il valore intrinseco dell’arte, i poteri curativi e spirituali della bellezza, abbiano di nuovo una possibilità.”
“Non voglio romanticizzare l’aggressività e la violenza di un gangster – specifica Jan Fabre – Per me è importante riconoscere questa brama di vita, questa energia e vitalità, questa convinzione che un gangster potrebbe cambiare la società attraverso la fede nell’anarchia dell’amore.”
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