Santa Cecilia a Taranto: fra Pettole e Pastorali

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Natale, il periodo più magico dell’anno! Dove alberi di abete spuntano come per magia nel salotto e un antico villaggio compare magicamente sotto l’albero. Dove regali magicamente appaiono e soldi magicamente svaniscono. Dove pance piatte si trasformano in colline e colline diventano montagne. E questo, sicuramente, anche grazie alle pettole: gustosissime “pallozze” fritte nell’olio, ottime con lo zucchero, con il vincotto, impastate con le alici o col filetto di baccalà, perfette con la salsa al formaggio… o semplicemente “nature”, senza condimenti, come mamma le ha fatte, alle prime luci del giorno di Santa Cecilia.

Santa Cecilia è quindi l’apripista delle Feste natalizie; Feste che in Puglia, e a Taranto in particolare, durano ben 46 giorni! Dal 22 novembre fino all’Epifania.

Ma Santa Cecilia è anche la patrona della musica e dei musicisti, e Taranto la onora sin dalle prime luci dell’alba, “srotolando” tra le vie della città, un tappeto sonoro di Pastorali, eseguite con passione dalle bande musicali cittadine.

La storia delle Pastorali tarantine

Dovete sapere che a Taranto, prima del 1870, non esistevano né le Pastorali né le bande che le eseguivano!

Il giorno di Santa Cecilia, quindi, nella Città dei due Mari calavano gli zampognari, che dalle montagne di Calabria, Abruzzo e Lucania, facevano tappa a Taranto per eseguire le loro cantilene e, ovviamente, per mangiarsi anche le pettole. E siccome la cucina tarantina li stuzzicava, gli zampognari tornavano a Taranto anche il giorno di Natale e, con la scusa di eseguire le solite cantilene, condividevano il pranzo di natale con gli abitanti della Città Vecchia, tra pasta asciutta, polpette, braciole… e le immancabili pettole.

«Ma perché Taranto non può avere la sua musica natalizia?» si chiesero i musicisti della città. E fu così che a “combattere” gli zampognari intervenne l’esercito! E precisamente il M° Giovanni Ippolito, capitano di artiglieria, che nel 1870 composte la prima pastorale tarantina. A questa seguirono altre pastorali, scritte da grandi e valenti compositori come Lacerenza, De Benedictis e Caggiano, eseguite dalle bande cittadine tra i vicoli della Città Vecchia e le strade del borgo nuovo.

E fu così che gli zampognari scomparvero, e le pettole non se le mangiarono più.

La storia delle Pettole

Leggenda vuole che le pettole siano nate a Taranto Vecchia, il 22 novembre 1220. Quel giorno una povera massaia, mentre stava preparando il pane, venne a sapere che San Francesco d’Assisi era arrivato in città. Così, presa dall’emozione, lasciò l’impasto a casa e si gettò in mezzo alla folla festante, cercando di avvicinarsi al santo e provare a scattarsi un selfie, o almeno per farsi fare un autografo.

Ora non sappiamo se la massaia sia riuscita nel suo intento. Quello che sappiamo, però, è che quando la donna tornò a casa vide che l’impasto del pane era lievitato troppo e la massaia, presa dalla rabbia, prese l’impasto e lo gettò in una pentola colma di olio bollente. E lì, come per miracolo, la pasta del pane si gonfiò, dorandosi. E da questo “errore” nacquero le pettole. Ora, signora massaia, non sappiamo chi tu sia, ma per questo errore ti siamo veramente grati!

Giuseppe Gallo

Giuseppe Gallo

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