Da oggi la “valvola dimenticata” può essere sostituita con una protesi senza aprire il torace.
Milano, 19 febbraio – Al Centro Cardiologico Monzino l’équipe guidata Federico De Marco, Direttore dell’Unità Operativa di Cardiologia Interventistica Valvolare e Strutturale, ha effettuato il primo intervento in Italia di sostituzione via catetere della valvola tricuspide. La paziente zero è stata dimessa dall’ospedale dopo soli tre giorni e, a più di una settimana dall’intervento, è in ottime condizioni di salute generale. Una notizia straordinaria per i pazienti con insufficienza tricuspidale che, pur avendo una malattia invalidante e ad alto rischio di mortalità, fino a ieri non ricevevano cure adeguate o addirittura non venivano trattati del tutto: la tricuspide è chiamata anche “valvola dimenticata”.
“Finalmente siamo in grado di trattare in modo efficace la valvulopatia tricuspidale senza dover sottoporre il paziente a un intervento a cuore aperto, vale a dire senza aprire il torace e senza fermare il cuore. I risultati sono sorprendenti: nei gradi avanzati di malattia la protesi sulla tricuspide permette di azzerare completamente il rigurgito” ha commentato De Marco.
Quando la tricuspide si ammala si crea un rigurgito di sangue, una condizione che, nei suoi stadi iniziali, si rileva fino al 70-90% della popolazione che si sottopone a ecocardiogramma. Mentre forme trascurabili di rigurgito si rilevano anche in individui sani, le forme più gravi dipendono dall’età e dal genere: hanno una maggiore incidenza nelle donne e aumentano con l’avanzare dell’età. Mediamente il 4% delle persone over 75 ha una forma di rigurgito clinicamente significativa. Si stima tuttavia che a oltre il 90% delle persone con forme gravi di rigurgito non viene offerta nessuna forma di cura.
La valvola tricuspide è difficile da trattare per la sua anatomia complessa e la sua posizione sul cuore di difficile accesso. Il sistema di sostituzione valvolare transcatere applicato al Monzino è stato studiato per risolvere questi problemi. Il sistema – chiamato “Evoque” – è composto da una struttura in nitinolo (un metallo elastico autoespandibile), da una fascia in tessuto intra-anulare e da lembi di tessuto pericardico animale, equivalente a quello delle tradizionali valvole cardiache. Viene impiantata inserendo un catetere nella vena femorale che spinge la protesi fino al cuore. Il rilascio è guidato dall’ecografia e la protesi si aggancia mediante dei piccoli dentini ai lembi e contro l’anello valvolare, azzerando il rigurgito e ripristinando la normale funzione della tricuspide impedendo al sangue di sovraccaricare le vene del corpo.
L’impianto di Evoque al Monzino è il primo nel nostro Paese, ma si basa sull’esperienza e i dati dello studio internazionale TRISCEND II, che ha reclutato 150 pazienti nel mondo. Lo studio ha valutato la sicurezza e l’efficacia di Evoque in combinazione con la miglior terapia farmacologica disponibile, rispetto al solo trattamento farmacologico. I dati dimostrano che nei primi 150 pazienti trattati, tutti con insufficienza tricuspidale severa, il sistema ha permesso la sostituzione della valvola con successo nel 95,8 per cento dei casi, mettendo in evidenza la superiorità di questo sistema rispetto alla sola terapia farmacologica. Sono stati inoltre dimostrati ottimi risultati in termini di miglioramento della qualità di vita a sei mesi dall’impianto. Va ricordato che i pazienti con insufficienza tricuspidale severa, oltre a soffrire di sintomi invalidanti e debilitanti legati al sovraccarico venoso – come problemi epatici, renali, mancanza di fiato e edemi e gonfiori diffusi- sono spesso costretti a frequenti ricoveri ospedalieri per scompenso cardiaco.
“Non è un caso che un intervento di questo genere sia stato fatto per la prima volta in Italia al Monzino, che è fra i pochi centri cardiologici monospecialistici in Europa, dedicato esclusivamente alla cura globale del paziente cardiopatico. Interventi come l’impianto di Evoque richiedono equipe multidisciplinari formate da figure con la massima specializzazione, competenza ed esperienza: i cosiddetti Hearteam che al Monzino, per la sua storia e cultura monospecialistca, sono realtà operative consolidate”, conclude De Marco.