Il Museo d’Antichità “J.J. Winckelmann” di Trieste fu fondato nell’Ottocento, finalizzato a raccogliere i reperti della storia della città. Successivamente si è arricchito con donazioni private di reperti di diverse civiltà.
Nel duecentocinquantesimo anniversario della tragica morte, per mano assassina a Trieste, il Comune di Trieste e i Civici Musei hanno reso omaggio a J.J. Winckelmann (Stendal 9-12-1717 – Trieste 8-6-1768), famoso archeologo e antiquario tedesco considerato il padre fondatore della moderna archeologia e della storia dell’arte antica, intitolandogli il Museo d’Antichità con annesso Orto Lapidario, che custodisce epigrafi, monumenti e sculture di epoca romana, il tempietto neoclassico con il monumento a Winckelmann.
Il museo è suddiviso in tre piani. Al pianoterra è esposta la Collezione Egizia e materiali archeologici del periodo romano dal territorio tergestino e aquileiese (suddiviso in Sala della scultura e in sala romana), mentre nell’Atrio ci sono i sarcofagi figurati di produzione attica. Al primo piano si trovano reperti appartenenti alla preistoria e protostoria del Carso triestino, nell’Istria orientale a San Canziano del Timavo e nell’isontino. Il secondo piano è riservato ai vasi greci e si possono osservare reperti corinzi, attici, apuli ed etruschi, insieme ai reperti provenienti dall’isola di Cipro e da Taranto. Un sala è dedicata al pezzo più significativo della collezione ossia il rhyton d’argento a testa di cerbiatto del 400 a.C. Si possono ammirare anche le vetrine dedicate alla Scrittura nell’Antichità. La ceramica maya proveniente da El Salvador completa la sala maya “Cesare Fabietti”.
In particolare la Collezione Tarantina del Museo raccoglie circa 2.000 reperti provenienti da Taranto. Nel 1886 Giuseppe Sartorio donò ventuno pezzi provenienti dagli scavi, successivamente la raccolta si arricchì ulteriormente per i numerosi acquisti che il Museo effettuò dal mercante d’antichità Vito Panzera, il quale aveva un negozio nel centro di Taranto. La raccolta comprende vari oggetti in vetro, osso, metallo e poi monete, marmi (come la piccola testa di Atena). Il capolavoro più famoso è il rhyton d’argento a testa di cerbiatto e l’oinochoe in bronzo con grifoni.
La Collezione Tarantina è costituita principalmente di coroplastica ( la tecnica di lavorazione della terracotta), con migliaia di figure. Le terrecotte sono importanti nello studio dei rituali e dei comportamenti religiosi delle società antiche. Spesso le terrecotte facevano parte del corredo funerario; mentre questo uso era raro a Taranto, dove invece servivano come offerta nei santuari e nei vari luoghi di culto. Infatti, molti esemplari sono stati ritrovati in varie zone della città antica, specialmente nell’area dove si sviluppò la necropoli e l’ipotesi sarebbe che una parte di esse fosse dedicata alle cerimonie funebri.
Il meraviglioso rhyton in lamina d’argento è un vaso per libagioni rituali, configurato a testa di giovane cerbiatto. Sul collo si svolge una scena mitologica e un forellino sul fondo del bicchiere serviva a far uscire il liquido della libagione rituale. Sull’ansa a nastro sono incise tre lettere “NIK“ che indicano probabilmente o il nome del proprietario o quello dell’artigiano. Secondo la tecnica utilizzata, la fattura e i confronti si attribuisce la realizzazione del rhyton ad una officina di argentiere, attiva nelle colonie greche sulla costa del Mar Nero (Ponto Eusino). Per forma e stile si collega all’area tracia, tra fine del V – inizi del IV secolo a.C. E’ stato rinvenuto a Taranto in località Borgonuovo, contrada Monte d’Oro, fu acquistato dal Museo nel 1889.
Taranto, ancora una volta, svetta nelle classifica dei reperti archeologici più belli rinvenuti nei vari siti del territorio e collocati in vari musei tra i quali proprio il Museo d’Antichità “J.J. Winckelmann” di Trieste per gli appassionati delle vacanze culturali, questo museo è tra le mete da non perdere.