Adesso, dopo lunghi trattamenti e diversi interventi chirurgici avanzatissimi, può chiudere la bocca, parlare e mangiare come tutti e ha fatto ritorno a casa. Al Meyer, con grande impegno, ha persino imparato a leggere, scrivere e suonare il pianoforte, grazie alla Scuola in ospedale e al supporto di tante persone del “mondo Meyer”
Firenze – Quando Hussein è arrivato al Meyer non poteva né parlare, né alimentarsi normalmente: una estesa malformazione venosa del cavo orale, della guancia, della lingua e del labbro inferiore gli impediva anche di poter chiudere la bocca. Oggi, dopo 3 interventi chirurgici ed oltre un anno di cure, Hussein, 12 anni, insieme alla sua mamma è tornato a casa, in Iraq, dove ha trovato ad aspettarlo la sorellina, il fratello e il babbo. Ha un volto nuovo e adesso può parlare e mangiare come tutti i suoi coetanei. Non solo: in questo anno di cure, grazie alla Scuola in ospedale, ha imparato anche a leggere e scrivere e, accompagnato da tante persone del Meyer, ha scoperto un mondo tutto nuovo.
La malformazione e gli interventi. Arrivato in Italia dall’Iraq per il tramite di Emergenza Sorrisi Onlus, Hussein è stato immediatamente preso in carico al Meyer, dall’equipe di chirurghi guidata da Flavio Facchini, chirurgo plastico ricostruttivo pediatrico.
Gli interventi per risolvere la malformazione sono stati molto complessi. Per prima cosa, i broncoscopisti del Meyer, sotto la guida del dottor Roberto Baggi, hanno dovuto praticare una tracheotomia, necessaria per affrontare in sicurezza le fasi successive. Quindi, in collaborazione con Careggi, sotto la guida del dottor Nicola Limbucci, responsabile dell’Interventistica neurovascolare dell’AOUC, sono state effettuate ripetute sclero-embolizzazioni, ovvero trattamenti volti ad “asciugare” la lesione dall’interno attraverso la somministrazione di un farmaco chemioterapico. Si è dunque proceduto agli interventi chirurgici per ridurre il labbro e ricostruire integralmente la lingua, ricorrendo ad avanzatissime tecniche di correzione delle anomalie vascolari, in tandem con i neurochirurghi del Meyer guidati da dott. Lorenzo Genitori. I trattamenti chirurgici sono stati caratterizzati dall’uso di una speciale tecnica di sutura che ha consentito di chiudere i vasi a monte dei tessuti da asportare, riducendo notevolmente il rischio di emorragie. Pochi giorni fa, infine, è stato chiuso chirurgicamente anche il foro della tracheotomia: questa per Hussein è stata la fine di un lungo percorso, che ha festeggiato con una videochiamata alla famiglia lontana: “Finito!”, ha detto alla sorellina che lo guardava dal telefono .
Una storia corale. Ma non finisce qui: la storia di Hussein è quella di un ospedale intero che si è stretto intorno a lui. Insieme a medici e infermieri, ha avuto un ruolo importantissimo il servizio di Psicologia ospedaliera, che ha seguito lui e la sua mamma fin dall’inizio del delicato percorso di accettazione delle cure: entrambi hanno avuto una straordinaria capacità di adattamento al contesto e alla cultura diversi in cui si sono trovati immersi.
Decisiva, per lui, è stata anche la frequenza della Scuola in ospedale: seguito dalla maestra Susy, Hussein, con grande tenacia, ha familiarizzato con il “mondo Meyer” e piano piano ha imparato a scrivere, a leggere, a contare e si è lanciato con successo persino nell’apprendimento del pianoforte. Ha costruito burattini, imparando in questo modo a rappresentare se stesso, e ha cominciato a raccontare le sue emozioni disegnando e pitturando.
Specialmente nei momenti più difficili ha trovato al suo fianco i clown ospedalieri del Meyer pronti a strappargli una risata, insieme a tutti gli altri servizi di accoglienza sostenuti dalla Fondazione Meyer. Lui e la sua mamma, durante questi mesi in cui ai lunghi ricoveri si sono alternate visite di controllo periodiche, grazie al servizio di assistenza sociale dell’ospedale sono stati accolti all’interno della rete di ospitalità del Meyer a Casa Don Lelio, seguiti con affetto da tutti.
A monte, il servizio di mediazione culturale ha consentito di sormontare la barriera linguistica e di fare in modo che Hussein si potesse avvicinare a tutto questo con meno timori e tanta fiducia, la stessa che ora brilla nel suo nuovo sorriso.