Smalto e metamorfosi: l’universo sonoro di VIVO si rivela

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VIVO, pseudonimo di Valerio Vitolo, ci racconta in esclusiva il suo nuovo singolo: “Smalto”.

Mi ha colpito molto il racconto di come la canzone “Smalto” sia evoluta nel tempo e come sia diventata una metafora dell’amore e delle sue fragilità. Potresti parlarci più nel dettaglio di questo processo creativo? Come hai fatto a trasformare una canzone d’amore personale in un brano elettronico così intenso e ricco di sfumature?

Il mio nome d’arte è VIVO, e non è un caso che abbia scelto questo nome. L’ho scelto in un periodo di crescita, nuove esperienze, sperimentazione. Per me “vivo” è l’esatto contrario di “stagnante”. Una vita senza cambiamento, senza evoluzione, non è una vita. “Smalto”, brano contenuto nell’ album “Blatte” uscito a Novembre del 2024, incarna alla perfezione questo spirito di evoluzione continua. È un brano semplice, una ballata d’amore nata da pochi accordi, una chitarra acustica ed un testo romantico. Il brano si è poi stratificato gradualmente…è stato smontato e rimontato, a volte è rimasto fermo in attesa che la mia evoluzione personale compenetrasse il brano. È venuto tutto da sé, in maniera estremamente spontanea e naturale.

L’album “Blatte” sembra essere un’opera molto introspettiva e densa di significati. Come hai scelto il titolo e in che modo le “blatte” rappresentano i temi che affronti nel disco? Qual è il messaggio che vorresti trasmettere agli ascoltatori?

Il titolo dell’ album, “Blatte”, appunto, è venuto fuori dalla mia “clausura” in un garage sotterraneo, nel periodo in cui ho lavorato all’album. Proprio come una blatta, ho vissuto sottoterra per dare forma a delle idee e dare vita a questo album. Le blatte sono, inequivocabilmente, gli ultimi della società. A me piace dire che “Blatte” è un album che presta la voce a chi non ne ha.

Le tue influenze musicali sono molto variegate, dalla musica etnica al jazz. In che modo queste diverse sonorità si fondono nel tuo progetto artistico? C’è un artista o un genere musicale in particolare che consideri una fonte di ispirazione costante?

È vero, le mie influenze sono tante e molto diverse l’una dall’ altra. Da sassofonista, non avrei potuto fare altro che innamorarmi del jazz, tuttavia, lo stesso sassofono trova largo utilizzo nella musica balcanica (tanto per fare un esempio). E non lo fa da semplice figurante ma ne è proprio il protagonista indiscusso. Sono cresciuto con la musica dance degli anni 90 ed ho approcciato alla creazione di musica facendo il beatmaker per gli amici rapper del mio paese, ho studiato musica classica ed ho sempre coltivato una segreta e smodata passione per la musica elettronica. Diciamo che il caso ha giocato un ruolo molto importante nella mia formazione artistica. Non sono mai stato un purista di un genere, un fanatico di una band o di un singolo artista. Come sarebbe potuto essere altrimenti?

Dopo aver pubblicato quattro singoli e un album così intenso come “Blatte”, quali sono i tuoi progetti futuri? Ci sono nuovi generi musicali che vorresti esplorare o temi che ti piacerebbe affrontare nei tuoi prossimi lavori?

Beh, sicuramente c’è in cantiere già qualche nuovo singolo. Credo che nel prossimo album sarò più essenziale ed i brani contenuti al suo interno, saranno più coerenti tra loro. Ci sarà comunque varietà, ma con più minimalismo. Se questo primo album, Blatte, si fa fatica ad etichettarlo in un genere, con il prossimo sarà un po’ più semplice. Voglio semplificare per tirare fuori una voce ancora più personale, ancora più mia. Anche la scrittura sarà diversa: sarcastica, pungente, irriverente e scanzonata. Apparentemente leggera, ma molto più provocatoria della scrittura utilizzata in questo primo album.

Giuseppe Gallo

Giuseppe Gallo

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