La poesia di Rosaria Scialpi, nella sua nuova silloge La faglia empirea (Brè Edizioni, 2024), è un territorio di frontiera, un varco tra memoria e confessione, tra esperienza vissuta e linguaggio poetico. Leggerla significa attraversare un paesaggio interiore denso di segni, lacerazioni e ricuciture, in cui ogni parola incide una traccia indelebile nel tempo. Non è solo lessico, non è solo geografia: è ferita e rimedio, segno che permane anche quando sembra invisibile.
Scialpi compone versi che sfidano il silenzio, come un’onda lontana che rompe l’immobilità per risvegliare ciò che non ha nome (immagine tratta dal libro). La sua poesia si muove con la forza di un mito antico, evocando l’incavo della caverna greca, dove la consapevolezza si fa roccia e memoria incisa. È una poesia che interroga, ma non sempre risponde, lasciando spazio a un dialogo ininterrotto con il lettore, che si trova immerso in un autoritratto di riflessi e richiami.
Nel tessuto di questi versi si intravede una vita segnata dalla scrittura, come se ogni parola fosse un appunto su un foglio a righe, una traccia di vissuto che appartiene non solo all’autrice, ma a tutte le vite possibili. La poesia di Scialpi accoglie immagini potenti: il mare, la conchiglia, il vento di Nina, l’altalena sospesa nel tempo. Ogni elemento è una metafora che custodisce il senso del viaggio, un viaggio che è sempre anche interiore.
Il suo stile impeccabile, sia dal punto di vista linguistico che sistematico, costruisce un intreccio di significati che si sovrappongono, come in un dittico di parole in cui la confessione diventa specchio e maschera al tempo stesso. Non a caso, la sua poetica richiama un senso di incertezza e di continua ricerca, come un labirinto in cui il tempo è al contempo una benedizione e una maledizione.
Forse siamo davvero tutti fotogrammi di un’esistenza che si ricompone attraverso la lettura. I versi di Scialpi, come colonne doriche, resistono alla confusione del mondo contemporaneo, opponendosi al chiasso delle ambizioni sfrenate. Nelle sue poesie il Mediterraneo non è solo un luogo geografico, ma una dimensione esistenziale in cui il vuoto si fa presenza, richiedendo una forza interiore per essere contenuto e compreso.
Questa è una poesia che abita nel lettore, lo attraversa e si radica in lui, perché la scrittura, quando autentica, non è mai solo forma, ma anima, corpo, espressione. Ed è proprio in questo incanto, in questa sospensione tra passato e futuro, che si svela il vero potere dei suoi versi: la creazione di un tempo nuovo, simile alla lentezza della tartaruga sciamanica con le sue tredici lune, simbolo di una ciclicità che si rinnova costantemente. Leggere Rosaria Scialpi significa custodire la sua poesia, abitarla come uno spazio sacro. E in questo abitare, si scopre la Bellezza: una Bellezza che non è superficiale estetismo, ma esperienza vissuta, allegoria e tragico metafisico. Un dono che la sua scrittura offre a chi sa ascoltarla.
Pierfranco Bruni