Il peso dell’uovo di Pasqua tra le mani di Elena era stranamente familiare, un eco lontano delle spensieratezze infantili. L’aveva scovato in un angolo buio della cantina, dimenticato chissà da quanto tempo. “Ma guarda un po’ cosa è saltato fuori,” mormorò tra sé, osservando la carta argentata, opaca e leggermente scrostata. Non prometteva più la gioia di un tempo, ma una vaga nostalgia.
Seduta al tavolo della cucina, Elena iniziò a scartarlo lentamente. “Chissà se sarà ancora buono,” pensò, notando il cioccolato fondente, una volta lucido, ora apparire velato, quasi polveroso. Quando lo ruppe, un odore acre e metallico la colpì, un sentore lontano dal dolce profumo che ricordava. “Che strano odore,” si disse, aggrottando le sopracciglia. Al centro, incastrata nel cioccolato, c’era una piccola ampolla di vetro scuro, sigillata con cera lacca bordeaux, stranamente intatta.
“Ma cos’è questa roba?” si chiese Elena, una punta di inquietudine che iniziava a serpeggiare. Non ricordava nessuna sorpresa del genere nei suoi vecchi ovetti. La prese con cautela, sentendola insolitamente pesante per le dimensioni. “Sembra quasi… piena di qualcosa.” Non c’era alcuna etichetta, solo il vetro scuro che nascondeva un liquido denso e opaco.
La curiosità, unita a un vago presentimento, la spinse a forzare il tappo di cera. “Vediamo un po’,” sussurrò, facendo leva con un’unghia. Un sibilo leggero precedette l’emanazione di un vapore sottile, quasi impercettibile, ma dall’odore vagamente dolciastro e nauseabondo. “Oddio, che puzza!” esclamò, portandosi una mano al naso. Subito, una strana vertigine la assalì, come un’onda che le increspava i pensieri.
Le mani iniziarono a tremarle leggermente, la vista si annebbiò per un istante. “Non mi sento bene,” mormorò, sentendo un sapore amaro e indefinibile invaderle la bocca, nonostante non avesse ancora toccato il cioccolato. “Bleah, che schifo!” Il profumo stantio dell’uovo ora le sembrava ripugnante, quasi putrido.
Un senso di oppressione al petto la costrinse ad appoggiarsi allo schienale della sedia. “Devo alzarmi,” pensò, ma nel tentativo le gambe le cedettero. “No, no, cosa mi succede?” Il pavimento sotto i suoi piedi sembrava ondeggiare. Il ricordo lontano della gioia pasquale si contorse in una sensazione di minaccia imminente.
Con un sussulto, Elena lasciò cadere l’ampolla sul tavolo. “Oh, no!” Il liquido scuro si sparse lentamente, disegnando una macchia inquietante sul legno. Il vapore, ora più denso, si insinuava nell’aria. “Fa freddo… improvvisamente fa freddo,” balbettò, sentendo un brivido correrle lungo la schiena.
La donna si portò le mani alla gola, sentendo il respiro farsi affannoso. “Aiuto… non respiro…” Il vecchio uovo di Pasqua, riemerso dal passato, non era un innocuo ricordo d’infanzia, ma un presagio oscuro, un veicolo silenzioso di un male antico. La sorpresa nascosta non era un giocattolo, ma un veleno subdolo, capace di trasformare la quiete di un pomeriggio in un incubo agghiacciante. Il sapore dolceamaro del cioccolato si confuse con l’angoscia. “Mamma…” fu l’ultimo sussurro, lasciando nella cucina solo il presagio di una fine incomprensibile e il gelido mistero di un ritrovamento fatale.