Le Pankhrust ci raccontano il loro nuovo singolo “Recognizm”.
Nel brano “Recognizm” affrontate il tema della libertà di espressione sessuale con un approccio molto diretto e coinvolgente. Come è nata l’idea di trattare questo argomento in chiave punk e quali sono stati i riferimenti musicali più importanti per voi durante la creazione del brano?
Allora, l’argomento nasce dalle notizie e dalle esperienze che raccogli. Ed offre una lettura diversa se lo osservi nei cosiddetti paesi occidentali o in quelli dove ci sono al potere dittature o autocrazie. In queste ultime ciò che va in direzione opposta alla eterosessualità pone in questione il potere come unità monolitica cioè la diversità in campo sessuale è vista come una possibile insurrezione contro quel potere. Dall’altra parte non so dirti come abbiamo costruito musicalmente il pezzo, ci sono diversità anche profonde negli ascolti di ciascuno di noi quattro anche se certamente non aspettiamo tutti gli anni l’uscita dei cantanti selezionati per Sanremo. Forse l’impostazione del pezzo strutturata sul’uso dei fiati lo abbiamo fatto pensando a un gruppo che per esempio io ho ascoltato molto… gli Interrupters.
Il video di “Recognizm”, realizzato da Alessandro Rocca, è un elemento fondamentale per veicolare il messaggio della canzone. In che modo avete collaborato con il regista per tradurre visivamente l’idea di libertà e repressione?
Beh, sicuramente noi abbiamo dato ad Alessandro le nostre linee che poi lui ha sviluppato in perfetta autonomia dovendosi però anche rapportare con un budget estremamente basso che però lui ha saputo gestire in maniera molto intelligente. In questo è stato aiutato anche da Martina Mele anche lei giovanissima film maker con una propria interessante produzione. In ogni caso Alessandro quest’anno già ha stupito tutti ancora di più perché col suo ultimo corto Sans Dieu è stato candidato alla settimana internazionale della critica del festival del cinema di Venezia. Poi, per sapere se siamo riusciti a mettere insieme visivamente libertà e repressione bisogna vedere il video…
Il vostro nome, Pankhurst, è un chiaro riferimento al movimento femminista. In che modo questa eredità storica influenza la vostra musica e i vostri testi?
Abbiamo scelto un nome impegnativo, lo sappiamo acciderboli! Con un nome così non puoi fare un testo sulla bellezza della birra ghiacciata d’estate. Però forse non sapremo scrivere i testi diversamente da come le buttiamo giù. Ogni nostra canzone affronta questioni che ci preoccupano e su cui vogliamo dire qualcosa, non ci spingiamo mai però sul piano di aggressività verbale che avevamo a 14 anni.
State per pubblicare il vostro primo album, “And The War Came”. Cosa potete anticipare riguardo ai temi e alle sonorità che caratterizzeranno questo lavoro?
Chi vorrà cominciare a seguirci, e chi già ci segue, troverà iun album indie punk con stilettate di hardcore e qualche passaggio alla The Hives passando a linee che tornano sul punk californiano classico. A noi quello che abbiamo fatto piace molto e soffriamo perché abbiamo deciso di tirare fuori una canzone quasi con cadenza mensile fino ad arrivare alla pubblicazione dell’intero album il prossimo 18 aprile 2025. Vorremmo fare esplodere tutto subito!!! E invece piece by piece per dirla alla Slayer.