Chi era David Foster Wallace? Scrittore e saggista statunitense autore di Infinite Jest, capolavoro indiscusso degli anni ’90, ma soprattutto un genio. E un genio nel senso più classico del termine.
[…] Ci sono due pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: “Salve, ragazzi. Com’è l’acqua?” I due pesci giovani nuotano un altro po’, poi uno guarda l’altro e fa “Che cavolo è l’acqua?” […]
Nel maggio 2005, data in cui lo scrittore statunitense presentava questo aneddoto ai neolaureati del Kenyon College, Facebook aveva da poco registrato il proprio dominio e non era del tutto consapevole delle sue potenzialità, Youtube si era appena affacciato alla rete e nessuno avrebbe mai immaginato la potenza racchiusa nei 140 caratteri dell’allora Twitter.
Quella di Wallace è una storiella breve sull’intelligenza critica e sulla sensibilità di avvertire la banalità del reale. Da questa premessa prende le mosse Overload, pluripremiato lavoro del gruppo di ricerca teatrale fiorentino Sotterraneo, in scena a Koreja sabato 26 ottobre alle ore 20.45.
Scritto da Daniele Villa e vincitore tra gli altri, del Premio UBU 2018 come spettacolo dell’anno, Overload è un gioco serio che riflette in modo leggero, ma profondo sulla distrazione e sull’attenzione.
Il lavoro, infatti, si basa su un concetto centrale di Wallace: imparare a pensare significa saper scegliere su cosa focalizzare la propria attenzione. Chi, dunque, meglio di lui potrebbe esporre una riflessione sull’attenzione a un pubblico che viene continuamente chiamato a distrarsi? Overload, infatti, è un ipertesto teatrale sull’ecologia dell’attenzione, come recita il suo sottotitolo: nella messa in scena il palco diventa come lo schermo interattivo, ricco di collegamenti e distrazioni che coinvolgono il pubblico.
A partire da un discorso centrale, i performer offrono continuamente dei collegamenti a contenuti nascosti che innescano possibili azioni e immagini.
Il pubblico ha la facoltà di rifiutare i collegamenti e continuare a seguire il discorso, oppure di attivarli, perdendosi in un labirinto di distrazioni, attraverso una rincorsa continua al frammento che è molto simile alla nostra esperienza quotidiana. Il risultato è una serie di scene ironiche, che alternano momenti divertenti a riflessioni angoscianti, soprattutto sulla frammentazione dell’attenzione nella società moderna. Il teatro racconta l’incapacità di concentrarsi in un mondo iper-stimolante, lasciando allo spettatore una sensazione di divertimento, ma anche di consapevolezza sulla propria fragilità rispetto alla distrazione.
“Fra distrazioni di massa e mutazioni digitali, ci muoviamo immersi in un ambiente aumentato dai media. Sovrastimolati dalle informazioni, viviamo in uno stato di allerta continua che gli antichi conoscevano solo in battaglia. Il rumore di fondo cresce in tutto il pianeta. Non dovremmo forse fare più silenzio e scegliere a cosa prestare attenzione?”