Tra i fattori di rischio che più contribuiscono allo sviluppo dei carcinomi mammari ancora difficili da curare
Sulla rivista Embo Molecular Medicine sono appena stati pubblicati i risultati di uno studio guidato da ricercatori dell’Università di Firenze, sostenuto da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, Fondazione CR Firenze e Associazione Annastaccatolisa ODV.
Un particolare tipo di tumore della mammella, il carcinoma mammario triplo negativo, colpisce pazienti che non esprimono i recettori ormonali sulle cellule tumorali. La malattia è pertanto indipendente dagli effetti di tali molecole e anche per questo ha limitate opzioni terapeutiche al di fuori della chemioterapia e una forte tendenza a dare recidive e metastasi.
Un gruppo di ricerca dell’Università di Firenze, guidato da Andrea Morandi, ha individuato una maggiore concentrazione di acidi grassi polinsaturi nelle cellule più aggressive di questo tipo di tumore. Gli scienziati hanno pensato di sfruttare il metabolismo lipidico anomalo del tumore quale bersaglio per nuovi trattamenti, oltre che per individuare marcatori diagnostici innovativi. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Embo Molecular Medicine in un articolo dal titolo “FADS1/2 control lipid metabolism and ferroptosis suscepibility in triple-negative breast cancer”. La ricerca ha ricevuto il contributo di Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, della Fondazione CR Firenze e dell’Associazione Annastaccatolisa ODV. Questi enti hanno anche sostenuto il lavoro delle giovani ricercatrici Nicla Lorito e Angela Subbiani, prime firmatarie dell’articolo, con due borse di studio.
“Un sottogruppo di questi carcinomi con prognosi peggiore mostra alti livelli degli enzimi FADS1 e FADS2, coinvolti nella produzione di acidi grassi polinsaturi” – spiega il coordinatore della ricerca Andrea Morandi, docente di Biochimica presso il Dipartimento di Scienze Biomediche Sperimentali e Cliniche dell’Università di Firenze -. “Le cellule tumorali che contengono una maggiore concentrazione di acidi grassi polinsaturi sono più vulnerabili alla ferroptosi, una particolare forma di morte cellulare. La ferroptosi può essere innescata da farmaci che finora hanno dimostrato una certa efficacia in modelli preclinici, ma che necessitano di ulteriori sviluppi e di sperimentazioni prima di poter essere utilizzati nei pazienti”.
I risultati dello studio – che ha coinvolto i ricercatori della Breast Unit dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze, supportati da Fondazione Radioterapia Oncologica – hanno in particolare dimostrato che è possibile influenzare la sensibilità delle cellule tumorali alla ferroptosi e favorirne così la morte. L’effetto desiderato si ottiene interferendo con gli enzimi FADS1 e FADS2 o abbassando la concentrazione dei lipidi polinsaturi all’interno della cellula. “Auspichiamo – commenta ancora Morandi – che i problemi di tossicità legati ai farmaci in grado di indurre la ferroptosi siano quanto prima superati. Solo successivamente si potrà passare a studi clinici che possano valutare la sicurezza e l’efficacia di questi farmaci sfruttando la vulnerabilità metabolica dei tumori più aggressivi”.