Il cantautore Dario Rizzardi ci parla in esclusiva di “Illusione postmoderna”, il suo nuovo singolo.
Qual è stata la tua principale fonte di ispirazione per la creazione di “Illusione Postmoderna”, sia a livello musicale che concettuale?
Per Illusione Postmoderna sono voluto andare nella direzione di un arrangiamento folk-rock anni ‘60, allo scopo di trovare un sound brillante, agitato, metallico e dal forte impatto lirico: ideale per rappresentare quel senso di inquieta, instabile, ma anche seducente coralità che contraddistingue quest’epoca.
“Postmoderna” è il brano che avevo deciso di presentare quando avevo partecipato a Sanremo Giovani con Ebim Records: era stato prodotto in una versione ridotta, musicalmente più allineata al mercato mainstream. La scrittura del testo risente della mia personalissima e biografica alienazione sul posto di lavoro, ma anche delle considerazioni e delle analisi rispetto alla situazione economico/politica interna ed internazionale.
Come hai affrontato il processo di produzione del videoclip di “Illusione Postmoderna” per trasmettere al meglio il concetto di straniamento psichedelico e critica della realtà?
La realizzazione del videoclip è stata mediamente difficoltosa in fase di allestimento, scorrevole e ispirata nella realizzazione, insonne e spasmodica nella fase finale di montaggio, nel rispetto dei tempi concordati con la produzione. La sinossi del videoclip, finalizzata a generare quel tipo di reazione nello spettatore, è semplicissima: attraverso la sovrapposizione di immagini in bianco e nero e a colori, fornendo inquadrature che offrono punti di vista differenti e soprattutto con un fortissimo evitamento della sincronicità, sia musicale che temporale.
Qual è il messaggio principale che desideri trasmettere al pubblico attraverso la tua musica, in particolare con questo singolo?
Quest’ultimo lavoro è senz’altro il più politico: trova la sua inequivocabile risoluzione nel ritornello. Più in generale il mio catalogo (sul quale si possono trovare tematiche esistenziali, narrative ma anche sentimentali) viene scritto e pensato da un lato per esigenza espressiva, dall’altro come strumento di emancipazione rispetto alle ipocrisie e alle degenerazioni totalitarie dell’Italia e più in generale dell’Occidente.
Dopo aver sperimentato entrambi gli ambienti, cosa ti ha spinto a distanziarti dalle logiche produttive della discografia mainstream e ad abbracciare una direzione più personale e critica nella tua musica?
Non ho apprezzato la superficialità e la fretta con cui viene concepito e confezionato il prodotto artistico. Successivamente alla prima versione di “Illusione Postmoderna” dopo essermi sentito deluso e svilito, ho voluto registrare nuovamente e integralmente il brano per dimostrare al pubblico quanto un processo produttivo di tipo indipendente possa essere infinitamente migliore.