Una ricerca condotta da un team internazionale e pubblicata sulla rivista “Nature” apre nuove prospettive di studio sulla formazione delle culture mediterranee
Conosciuta come una delle culture marinare più influenti della storia, la civiltà fenicia emerse circa 3000 anni fa nel Levante, regione storica che si estendeva dal sud della Turchia fino al nord-est dell’Egitto comprendendo Siria, Libano, Palestina, Giordania e Israele. I fenici intrecciarono una vasta rete commerciale in tutto il Mediterraneo diffondendo la propria cultura, religione e lingua su tutta la costa. Nel VI secolo a.C. la colonia fenicia di Cartagine, diventata ormai indipendente dalla madrepatria, aveva formato un piccolo impero di comunità conosciute come “puniche”.
Nonostante la continuità culturale tra le civiltà fenicie e quelle puniche, la storia genetica degli abitanti delle due popolazioni sembra svilupparsi su due linee parallele: è quanto emerge da un recente studio condotto dalla Sapienza, che ha contribuito con 6 autori da 5 Dipartimenti, in collaborazione con l’Istituto Max Planck e l’Università di Harvard.
Attraverso l’analisi del DNA antico, la ricerca ha rivelato la grande varietà genetica delle comunità puniche, risultato dei numerosi scambi commerciali con le altre civiltà del Mediterraneo. I ricercatori hanno analizzato i dati genomici di 210 individui antichi, di cui 128 fenicio-punici, sepolti in 14 siti archeologici collocati sulla costa mediterranea, scoprendo così che le civiltà fenicie del Levante hanno inciso in misura limitata sotto il profilo genetico sulle popolazioni puniche del Mediterraneo centrale e occidentale.
“Il sequenziamento e l’analisi di un ampio campione di genomi ha rivelato un quadro delle relazioni tra le comunità fenicio-puniche inaspettato – spiega Alessia Nava, direttrice del BIOANTH Laboratory presso Sapienza e co-autrice dello studio – suggerendo come la cultura fenicio-punica si sia diffusa non attraverso migrazioni di massa, ma tramite processi dinamici di trasmissione culturale e assimilazione”.
Lo studio ha evidenziato che tutti i siti punici campionati, inclusa Cartagine, erano abitati da persone con profili genetici estremamente eterogenei. Dall’analisi del DNA è emerso che individui con ascendenza nordafricana vivevano accanto e si mescolavano con una maggioranza di persone principalmente di ascendenza siciliana-egea.
“Questi risultati rafforzano l’idea che le antiche società del Mediterraneo fossero profondamente interconnesse, con persone che si spostavano e si mescolavano attraverso ampie distanze geografiche – commenta Alfredo Coppa, co-direttore della Missione Archeologica Sapienza a Kerkouane (Tunisia) – Studi come questi evidenziano il potere del DNA antico nel gettare luce sull’ascendenza e sulla mobilità delle popolazioni antiche, per le quali le registrazioni storiche dirette sono relativamente scarse”.
“La ricerca, integrando i dati già noti dalle fonti e dallo studio della cultura materiale – conclude Lorenzo Nigro, già direttore della Missione a Mozia della Sapienza e co-direttore della Missione Archeologica a Cartagine – rivaluta il fondamentale contributo dato dalle culture autoctone del Mediterraneo centrale alla formazione del mondo punico e poi romano, di quella civiltà mediterranea che Roma erediterà da Cartagine”.
Le reti di relazioni genetiche tra le popolazioni del Mediterraneo suggeriscono come il commercio, i matrimoni misti e il mescolamento della popolazione abbiano giocato un ruolo fondamentale nel plasmare queste comunità. I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista “Nature”, sottolineano la natura cosmopolita del mondo punico e aprono nuove prospettive di ricerca sulla formazione delle culture mediterranee.